La parola anche la più contraddittoria, mantiene il contatto. (Thomas Man)
Abbiamo reso difficile la cosa più semplice del mondo: parlare!
Abbiamo perduto la capacità di comunicare in modo “consapevole” e loro, le parole, ci hanno preso la mano.
Troppe, proferite spesso a sproposito, in frequente dissintonia con ciò che siamo e che proviamo. Non serve fingersi diversi. occorre valorizzare ciò che si è. Le parole entrano nell’orecchio e fecondano tutto il corpo; per cui ogni volta che si proferisce parola noi generiamo un evento.
Le parole, al di là del loro significato intrinseco, assumono quindi sfaccettature che di volta in volta producono effetti straordinari.
Ci sono le parole che condannano, parole penalizzanti che esprimono concetti i quali per il solo fatto di essere ripetuti ad ogni piè sospinto possono segnare l’individuo nel suo equilibrio interiore. Ad esempio ripetere, anche per scherzo, che quella tal persona è inefficiente alla lunga lo convincerà e convincerà tutti che quella è la verità.
Ci sono le parole non dette che ritornano inevitabilmente, come un rigurgito, per colpirci. Sono le parole che avremmo voluto dire, quelle di amore, di passione, di odio, di paura o di desiderio. Suoni che sono rimasti o tratteniamo dentro di noi, che ci fanno soffrire senza trovare sbocco all’esterno e che quindi possono risultare rovinose
Ad esempio perché non dire ti voglio bene al proprio padre o alla propria madre, perché non dire ad una persona che il stare con lei ci fa sentire a disagio, perché non dire una volta tanto: ho sbagliato? Perché non dire: grazie per ciò che fai?
Ci sono le parole inconsapevoli. Parole che svelano la nostra superficialità; che ci sfuggono di bocca e manifestano l’esistenza di sedimentazioni, di emozioni o pensieri mai disciolti. Sono parole frutto di retaggi, di sensi di colpa o semplicemente malcelati sensi del pudore, invidie gelosie o tradimenti.
Quante volte sveliamo all’interlocutore qualcosa che non dovremmo, perché ci sono “sfuggite le parole di bocca”? Questi “auto-sgambetti” sono il frutto dei sensi di colpa inconsapevoli.
L’esempio più classico di queste manifestazioni è il giustificare cose che non richiedono alcuna giustificazione e questo perché esiste in noi un inconscio senso di colpa.
Ci sono le parole subite. Parole che subiamo. Subdole, melliflue, apparentemente gratificanti, ma che nascondono la trappola della manipolazione e che si insinuano in noi modificando lo stato dell’umore e di conseguenza la salute.
Ci sono le parole consapevoli. Quelle “sentite”, che vengono da dentro, da quello spazio interiore che quando si apre si esprime in nome e per conto di un’identità profonda.
Parole che specificano l’uso dei sensi come ad esempio: ascoltare, sentire, udire, toccare, annusare, vedere. Parole che non specificano l’uso dei sensi come ad esempio: andare, cosa fare, amare, lavorare, esordire, studiare, ecc.
La parola ci aiuta a crescere e a stare con gli altri. Purtroppo, mai come oggi, c’è stato un uso così smodato della parola.
Si parla sempre; si discorre. E spesso le frasi che utilizziamo sono pronunciate e usate in modo non opportuno, frequentemente per esprimere frasi di convenienza dettate quasi sempre più dall’opportunismo del momento che dalla sincerità dei nostri intenti.
Capita di usare le parole mentendo a noi stessi e sopprimendo ciò che in quel momento proviamo o sentiamo senza renderci conto che stiamo perdendo un’opportunità di crescere nel rapporto con l’altro.
Le parole producono in noi e negli altri il cambiamento! Cerchiamo quindi di non usare il linguaggio sbagliato e questo, non solo perché è erroneo e pericoloso, ma soprattutto perché un linguaggio errato contribuirà a strutturare male la nostra mente che a sua volta si colmerà di immagini bugiarde e pericolose.
Quante volte usiamo col nostro interlocutore parole o frasi di scontro anziché sforzarci di creare incontro? Quante volte esordiamo pronunciando frasi aggressive come ad esempio: “Cosa fai, dormi?”, “Devi sempre avere qualcosa da ridire su ciò che faccio?”; perché non dire invece: “Ho ’impressione che tu sia svogliato, sei forse stanco?” oppure “Parlando con te ho quasi timore perché ho la sensazione che tutto ciò che faccio sia sbagliato!”.
Come si può notare un adeguato modo di esprimerci risulta fondamentale ai fini del risultato del dialogo. Gli stessi litigi o comunque molti di essi possono essere evitati semplicemente con l’uso appropriato di frasi come ad esempio: “Comprendo il tuo punto di vista, ma …” anziché dire “Non capisci niente”.
Ci sono poi parole e frasi che ci possono confondere, ingannare, demotivare, ma sono spesso parole che producono in noi questi effetti perché ci dimentichiamo, o non vogliamo fare lo sforzo, di osservare, di ascoltare, di capire il nostro prossimo, il suo punto di vista, il suo stato d’animo, il suo retaggio storico e culturale.
In ogni caso non dimentichiamoci che per arrivare agli altri, al loro interesse verso di noi la regola è dire solo l’essenziale: La parola, come il silenzio ha il potere di cambiare me e l’altro.
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Renato Tonon
Formatore e coach di manager e reti vendita in importanti aziende nazionali e PMI, con esperienza speciale nella gestione delle risorse umane e nella loro valorizzazione.Autore di libri e corsi sulla vendita, sul management, sul team working e sulla comunicazione.
Ha collaborato con l'università di Padova.





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